I governi europei stanno condannando la guerra iniziata dalla Russia in Ucraina adottando sanzioni economiche. Tuttavia, un settore cruciale all'economia della guerra Russa è stato poco considerato: il petrolio e il gas.
Per capire perché questo settore è così importante, basti considerare che nel 2020 le vendite di gas russo all'Europa hanno generato 35 miliardi di euro. Nello stesso anno, la spesa militare della Russia ammontava a 55 miliardi di euro.
Le esportazioni dei combustibili fossili e le capacità belliche della Russia sono strettamente legate.
Già prima dell'invasione dell'Ucraina, il direttore dell'Agenzia Internazionale dell'Energia Fatih Birol aveva dichiarato che la Russia stava orchestrando la crisi del gas in Europa. Dato che più di un terzo del gas consumato in Europa proviene dalla Russia, questa dipendenza energetica è una minaccia alla nostra sicurezza. Non solo perché sta causando l'aumento esponenziale delle nostre bollette, ma anche perché ci sta impedendo di bloccare il flusso di soldi che alimenta la macchina da guerra di Putin.
Le corporazioni europee, come Shell e BP dal Regno Unito, TotalEnergies e Engie dalla Francia, Uniper e BASF dalla Germania, ENI dall'Italia, Equinor dalla Norvegia, OMV dall'Austria, Fortum dalla Finlandia, sono ampiamente coinvolte nel mercato energetico russo. Possiedono azioni di compagnie petrolifere e di gas, infrastrutture, giacimenti di petrolio e di gas, e investono in diversi progetti legati ai combustibili fossili.
Questi investimenti hanno reso l'Europa ostaggio del ricatto energetico russo.
È più che mai urgente renderci indipendenti e sostenibili dal punto di vista energetico. Gli annunci delle aziende che recentemente hanno dichiato di volersi ritirare dal mercato dei fossili russo rappresentano degli sviluppi positivi, ma occorre stargli col fiato sul collo per assicurarci che non siano parole al vento. Chiediamo che queste società:
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Obiettivo 6.000